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martedì 18 settembre 2018

Il mio logo


Il mio logo

La figura a destra è il logo che ho creato come Soul Helper e merita un chiarimento per i significati che racchiude e che vogliono cogliere lo spirito con cui opero come aiutante dell’Anima.
La prima cosa che appare è l’Hamsa, altrove chiamata Mano di Fatima o di Miriam a seconda delle religioni che l’hanno adottata.
E’ un potente simbolo di protezione sia per ebrei, sia per musulmani, sia per i cristiani d’Oriente. E’ la mano del Creatore sempre su di noi, e poiché Dio è un Padre buono, la mano non ci colpirà, ma fermerà quanti agiscono contro di noi.
Mentre su indice e anulare si inerpica una pianta fiorita stilizzata. Come segno di crescita, sul medio appare l’Occhio benevolo di Dio, quell’”Ayn Tovà” (occhio buono) che non ci perde mai di vista, pronto a provvedere per il nostro bene. Più sotto, uno degli strumenti che prediligo per dare aiuto, sintetizzato nell’ideogramma di Reiki, Amore e strumento di Amore.
Il risultato è il Tao sottostante, ovvero il massimo equilibrio nel mondo, visto nel paesaggio inserito in esso.
Infine, pollice e mignolo divengono qui due colombe stilizzate, come simbolo della pace.
Il colore predominante è il verde, simbolo di speranza.
Tutto, naturalmente, בס"ד (che in aramaico, scritto per esteso e traslitterato, è b'siyata de'Shemaya che significa letteralmente "con l'aiuto del Cielo")

Soul Helper



Soul Helper

Ognuno di noi è un essere unico e speciale, l’unico che può portare a termine una delle tessere che portano al miglioramento del mondo e della vita.
Nasciamo per essere felici, Theodore Moltmann scriveva che Dio ci ha creati per giocare insieme a Lui, ma se ci guardiamo intorno, vediamo ben poche occasioni per giocare davvero nella nostra vita.
Cosa è accaduto? Perché non riusciamo a vedere e trovare la strada che ci porta alla felicità, al gioco, alla serenità? Cosa ci ha spinto su un percorso diverso?
Le risposte sono infinite, infinite quanto gli uomini.
Ma la prima risposta che viene alla mente è: i condizionamenti.
Ci siamo adeguati/adagiati come risposta dell’istinto di sopravvivenza, agli scontri che abbiamo trovato sulla nostra strada.
Così come i traumi fisici lasciano impronte nel nostro corpo, allo stesso modo questi stessi traumi, ma anche quelli emotivi, quali i rifiuti, le violenze verbali, la solitudine affettiva, hanno lasciato impronte nella nostra anima.
E se ciò non bastasse, portiamo in noi il bagaglio ancestrale di chi ci ha preceduto, dei nostri genitori, dei nonni, degli avi.
Come saggiamente dice la Medicina tradizionale cinese, nasciamo già con un bagaglio, il Jing ancestrale, costituito dai traumi, dalle emozioni, dalle ferite e dalle gioie di chi ci ha generato, che a sua volta, in parte, aveva ricevuto alla nascita dai genitori e via via indietro nel tempo.
Come reagiamo a tutto questo? Nella maggior parte dei casi richiudendoci in noi stessi, cercando di evitare nuove ferite, erigendo barriere intorno a noi; in un certo senso, chiudendo porte e finestre di quella casa che è il nostro Corpo-Mente-Spirito.
Così pensiamo di non essere visti, di essere protetti.
Ma così anche noi diveniamo ciechi e non vediamo più la strada che ci è data da percorrere verso la felicità e la salute psico-fisica.
Se ci rendiamo conto di esserci chiusi in questa trappola, allora siamo sulla buona strada per uscirne; dobbiamo solo trovare un Soul Helper, un aiutante dell’Anima che ci faccia da spalla nella ricerca della strada perduta.
Il Soul Helper non è un guru, non ha la risposta per ogni quesito, non è un mago con la bacchetta magica che cambia la situazione, né la pillola che guarisce ogni dolore.
Il Soul Helper è l’accompagnatore, colui cui appoggiarsi nel cammino che ognuno deve comunque fare con le proprie forze.
E’ lo specchio che ci permette di vederci, sotto le maschere che nel tempo abbiamo indossato per adeguarci al mondo intorno a noi.
Il Soul Helper ha comunque gli strumenti che la sua esperienza di ricerca del proprio cammino gli ha fornito. Può indicare a chi gli chiede aiuto dove trovare il proprio bastone, i propri occhiali, le indicazioni giuste e le azioni giuste per cambiare la situazione, per ritrovare il proprio sentiero.
Il cambiamento non sarà mai opera del Soul Helper, sarà sempre e solo opera di chi cerca la strada perduta, di chi muta le proprie abitudini, di chi ha il coraggio di specchiarsi in lui, vedersi quali si è, accettandosi e accettando di poter uscire dalla gabbia protettiva ma castrante in cui si è rinchiusi.
Per liberarsi, si conosceranno nuovi strumenti, ma si riannoderà anche il legame con strumenti antichi quanto il mondo, quali la preghiera.
Ma il primo vero passo che il Soul Helper cercherà di mostrare, è come ritrovare la fede in se stessi, nella propria capacità di autoguarigione e nella capacità di gioire per quel che siamo.

Ayn Tovà

venerdì 6 settembre 2013

Rosh haShana

Oggi è la seconda giornata di Rosh haShana, il capodanno ebraico che ci fornisce molti spunti di meditazione.
Come sempre la festa inizia la sera prima della Luna Nuova del mese di settembre (Tishrei per il mondo ebraico) e in questa sera si celebra con un Seder e con una cena comunitaria.
All'interno delle serate di ArtsS - Potere dei Salmi, che conduco al circolo "I Giunchi" di Brescia, è ormai una tradizione inserire le cene delle festività ebraiche, raccontandone la storia, leggendone i testi e le preghiere e, naturalmente, cibandosi con le portate che i partecipanti hanno preparato basandosi su ricette originali della festività.
Se il buon giorno si vede dal mattino (in questo caso dalla serata), la presenza più che raddoppiata dei partecipanti ha reso tutto molto più bello.
Quella che conduciamo è una ricerca della spiritualità anche attraverso la lettura di testi di un popolo che Papa Francesco ha definito "i nostri fratelli maggiori", ribadendo il concetto, proprio la settimana scorsa, che precede Rosh haShana, quando ha invitato ad astenersi dalla maldicenza, uno dei precetti particolarmente legato a questo momento del calendario ebraico.
I dieci giorni che separano  questa festa da Yom Kippur sono detti "giorni terribili" perché in questo periodo vengono aperti, secondo la tradizione, i libri della vita, della morte e dei sospesi e ognuno di noi è giudicato e iscritto in un libro per il prossimo anno. Chi non è segnato nei primi due, appunto, ha questo periodo per cambiare il proprio atteggiamento, per fare Teshuva e pentirsi.
L'augurio, oltre il normale "Buon anno - Shana Tova" è quello presente nella foto sopra, traslitterato e tradotto:

Leshanà Tova tikatèv v'techatèm
Che tu possa essere scritto e sigillato per un anno buono

Dopo la presentazione della festa, la spiegazione del Seder, ovvero dei cibi preparati e del loro significato beneaugurante.
Quindi la cena, come sempre speciale, curiosa, e molto apprezzata.
Al termine i dolci, torta al miele e datteri e fichi canditi a significare l'augurio di un nuovo anno dolce e sereno.
Shana Tova!!!



giovedì 13 dicembre 2012

Chanukkà

Siamo nel quinto degli otto giorni di Chanukkà e ieri sera, con il gruppo che segue "Potere dei Salmi" ho condiviso una cena-lezione  con grande gioia.
Dopo una descrizione di questa festività ebraica, ho letto le benedizioni in ebraico e italiano, quindi abbiamo acceso insieme le candele di Chanukkà, prima lo shammàsh, il servitore, e con quello le altre cinque.
Fatto questo, ho letto l'Haneròt hallalu e il salmo 30.
Chanukkà è la festa della luce che ricorda il miracolo dell'olio della menorà del Tempio, insufficiente, ma che durò per otto giorni quando, nel 165 a.C. gli ebrei si ribellarono ad Antioco IV che voleva imporre la cultura ellenistica sradicando la religione ebraica e profanando il Tempio.
Questi otto giorni sono giorni di miracoli, in cui diventiamo "ambasciatori di Luce", Luce che - come facciamo anche con Reiki - possiamo inviare a chi ne ha bisogno per la propria guarigione fisica, psichica, spirituale...
Secondo la tradizione consolidata, abbiamo acceso le candele da sinistra a destra, una per volta, perché nei momenti di buio profondo, di difficoltà ormai divenute croniche, non si può risolvere tutto di colpo, ma solo un passo per volta, così come ogni giorno a Chanukkà si accende una candela in più per sconfiggere il buio.

Terminato il rito, ci siamo divertiti, giocando come bambini con lo sevivòn, la tradizionale trottolina che, essendo fuori da Israele, riporta le lettere nun, ghimel, hé, shin, acronimo di ness gadol hayà sham (un grande miracolo è avvenuto là). 
Le lettere in Israele sono nun, ghimel, hé, , e l'acronimo diviene ness gadol hayà pò, un grande miracolo è accaduto qui.

Dopo è iniziata la cena, davvero ottima e in allegria, grazie alle ricette tradizionali di vari Paesi utilizzate dal gruppo per prepararla.
Il menu:
  • Latkes di patate con zucchine e carote
  • Gefillte Fish
  • Moussaka
  • Crostata di visciole e ricotta
  • Bomboloni
Lo stimolo era dato dalla mitzvot, il precetto, che impone di non digiunare durante gli otto giorni di Chanukkà.
Naturalmente, prima dei dolci, i regali che la tradizione prescrive per questa festa.
Chanukkà Saméach

sabato 9 giugno 2012

Matrimonio

E' passato un mese da quando io e Daniela ci siamo sposati...
E' stata una giornata bellissima, indimenticabile, soprattutto per la presenza dei nostri figli, testimoni felici per noi e per la nostra gioia.
Ora, grazie a Marco e al suo amico Andrea, siamo finalmente in possesso del filmato della cerimonia privata che è seguita alla celebrazione in Comune a Desenzano.
Anche questo è stato un momento intenso, preparato con cura e vissuto con emozione. 
Per questo motivo, desidero condividerlo postando qui il testo del "rito" e le foto estrapolate dal filmato.
Grazie a chi ha potuto essere con noi in quel giorno meraviglioso. 
Quanto segue è per gli altri amici, che ci erano vicini, ma non potevano presenziare.


Matrimonio di Antonio e Daniela

10 Maggio 2012 - 18 Iyàr 5772, Lag ba'Òmer


Come tutti sapete, noi siamo due divorziati e, seppur cristiani, per la Chiesa siamo estromessi da alcuni sacramenti, tra i quali il Matrimonio.
Per questo motivo abbiamo scelto di vivere questo momento con un rito nostro, che, partendo dai nostri studi, si avvicina, pur non sovrapponendosi, alla ritualità ebraica.
Non aderiamo a questa religione, ma troviamo che alcuni suoi momenti ci avvicinino di più all’Alto e perciò li facciamo nostri.
Il momento che stiamo per vivere riprende in parte alcune simbologie della seconda parte del matrimonio ebraico, omettendone completamente la prima, più burocratica. Abbiamo tenuto e integrato quello che era più vicino al nostro sentire.
Due cose caratterizzano particolarmente questo rito:
  • L’utilizzo di frasi in ebraico
  •  L’assenza di un celebrante
La prima differenza è dovuta alla nostra convinzione del valore della parola pronunciata e dell’importanza del suono, della vibrazione che questa emana. Perciò abbiamo ritenuto di utilizzare una delle lingue più antiche per la comunicazione col Signore: l’ebraico, che Antonio studia.
La seconda differenza, l’assenza di un celebrante, indica la convinzione degli sposi che davanti a Dio non sia necessaria alcuna intermediazione per “ratificare” l’unione, e che basti la volontà pura di essere coppia.
Più importante, invece, è il coinvolgimento della comunità in questo rito, come riconoscimento, da parte della stessa, di una nuova famiglia e come tramite tra questa e l’Alto attraverso la partecipazione e le benedizioni rivolte al Signore, che si riflettono sugli sposi. 
La lode a Dio genera una pioggia di grazie sull’uomo.

In questa stanza vedete un ombrellone rosso: simboleggia la nuova casa, aperta da tutti i lati perché gli amici vi possano entrare sempre e perché da essa gli sposi abbiano la possibilità di vedere e vivere il mondo senza chiudersi.

Da un lato, Chiara Stella e Annalisa Gioia sono vicine a Daniela che ha un velo sul capo; dall’altro Simone e Marco sono vicini ad Antonio.
 Antonio si avvicina a Daniela e alle figlie e la riconosce dicendo:
“E’ questa la donna che voglio sposare”, poi le copre il volto con il velo.
Il significato di questo gesto è: ti scelgo come sposa non per il tuo aspetto esteriore, ma per la tua essenza.
Poi si rivolge a Daniela:
“Riconosco e onoro la mia unicità e il divino che è in me: Anì (Io sono). Riconosco e onoro la tua unicità e il divino che è in te: Attà (Tu sei)”.

Daniela si rivolge ad Antonio:
“Riconosco e onoro la mia unicità e il divino che è in me: Anì (Io sono). Riconosco e onoro la tua unicità e il divino che è in te: Attà (Tu sei)”.

Antonio torna dai figli.


Ora ascoltiamo il salmo 150
Halleluyà, lodate il Signore, lodate Dio nel Suo Santuario, lodatelo nel firmamento simbolo della sua potenza;
lodatelo per le Sue prodigiose gesta, lodatelo come merita la Sua immensa grandezza;
lodatelo con il suono dello shofàr, lodatelo con il liuto e con la cetra;
lodatelo con il timpano e con la danza, lodatelo con l’organo e con il flauto;
lodatelo con cembali sonori, lodatelo con cembali risonanti.
Ogni anima lodi il Signore, Halleluyà.

 
I testimoni/figli accompagnano davanti alla “tenda” gli sposi.
Questi si volgono verso di loro e li ringraziano, onorando con questo gesto l'esperienza di vita precedente culminata nella loro nascita.



Prima di entrare sotto la "tenda" gli sposi si spogliano dei gioielli che indossano.
Il significato di questo gesto è: ti sposo per la tua essenza, non per ciò che hai.
Lo sposo entra e la sposa compie sette giri intorno a lui, per abbattere le barriere del passato, del presente e del futuro che potrebbero dividerli e quindi rafforzando la loro unione contro possibili influenze esterne (il rimando è a Giosué che fa crollare le mura di Gerico girando loro intorno sette volte).
Poi lo sposo fa altrettanto.
I figli/testimoni recano alla tenda
  •  la candela, la cui fiamma accesa sarà il simbolo dell’Amore da alimentare sempre
  •  il pane azzimo, il miele e lo heroset, a significare che non manchi mai il sostentamento
  •  il fiore, come simbolo della bellezza che deve sempre essere presente
  •  l’acqua e il vino come simboli della vita
A questo punto la candela viene accesa dagli sposi e viene loro versato del vino in un bicchiere. 


Viene benedetto il vino:
       Barukh Attà Adonai Elohenu Mèlek ha’olam, boré perì hagèfen
Benedetto tu Signore, Dio nostro, Re dell’Universo, creatore del frutto della vite.
Gli sposi lo bevono e vuotano il calice.

Vengono portati gli anelli nella tenda.



Lo sposo prende l’anello e dice alla sposa: “Io, Davìd ben Noach, scelgo te Esthèr bat Noach, come compagna nel cammino su questa terra, non camminarmi davanti, non voglio seguirti; non camminarmi dietro, non voglio tu mi segua, ma camminami al fianco. Lo vuoi?”.
La sposa risponde: “Lo voglio”.
Lo sposo le infila la fede nuziale all’anulare destro
La sposa prende l’anello e dice allo sposo: “Io, Esthèr bat Noach, scelgo te Davìd ben Noach, come compagno nel cammino su questa terra, non camminarmi davanti, non voglio seguirti; non camminarmi dietro, non voglio tu mi segua, ma camminami al fianco. Lo vuoi?”.
Lo sposo risponde: “Lo voglio”.
La sposa gli infila la fede nuziale all’anulare destro.
Come avete sentito non sono stati usati i nomi abituali Antonio e Daniela, ma Davìd ben Noach (Davìd figlio di Noè) e Esthèr bat Noach (Esthèr figlia di Noè) a significare che da questo momento inizia una nuova vita.

Vengono lette le sette  benedizioni
      Barukh Attà Adonai Elohenu Mèlek ha’olam, boré perì hagèfen
Benedetto tu Signore, Dio nostro, Re dell’Universo, creatore del frutto della vite.

       
      Barukh Attà Adonai Elohenu Mèlek ha’olam, sheakòl baà likhvodò
Benedetto tu Signore, Dio nostro, Re dell’Universo, che tutto hai creato per la tua gloria.

   
      Barukh Attà Adonai Elohenu Mèlek ha’olam, yotzèr haadàm
Benedetto tu Signore, Dio nostro, Re dell’Universo, che hai creato l’Uomo
       
      Barukh Attà Adonai Elohenu Mèlek ha’olam, ashèr yatzàr et haadàm betzalmò betzèlem demùt tavnitò, vehitkin lo mimmenu binyàn ‘adé ‘ad. Barukh Attà Adonai yotzèr haadam
Benedetto tu Signore, Dio nostro, Re dell’Universo, che hai formato
l’uomo a tua immagine, lo hai formato a tua somiglianza e attraverso lui hai stabilito una discendenza eterna. Benedetto tu Signore, che hai formato l’uomo
       
      Sos tassìs vetagèl bekibbùtz banèha letokhà bimherà bessimkhà. Barukh Attà Adonai messammèakh Zion bevanèha
Gioirà di intensa gioia, esulterà la donna sterile quando raccoglierà i suoi figli intorno a lei, presto, con gioia. Benedetto tu Signore che rallegri Zion con i suoi figli in lei.
      
      Samméakh tessammàkh re’im ahvìm, kessamekhakhà yetzirekhà begàn ‘èden mikèdem. Barukh Attà Adonai messammèakh khatàn vekhallà
Possa rallegrarvi cari amici, così come vi rallegrò il Creatore nel Paradiso Terrestre dal principio. Benedetto tu Signore, che rallegri lo sposo e la sposa

      Barukh Attà Adonai Elohenu Mèlek ha’olam,ashèr barà sassòn vessimkhà khatàn vekhallà, ghilà, rinnà, ditzà vekhedvà, ahavà veakhvà, shalòm vere’ùt, meherà Adonai Elohenu yshamà be’aré Yeudà uvkhutzòt Yerushalàym, kol sassòn vekòl simkhà kol khatàn vekòl kallà, kol mitzhalòt khatanim mekhuppatàm un’arìm mimmishté neghinatàm. Barukh Attà Adonai messammèakh hekhtàn ‘im hakallà
Benedetto Tu Signore, Dio nostro, Re dell’Universo, che hai creato la gioia e l’allegria, lo sposo e la sposa, l’esultanza, il canto di gioia, il piacere e la delizia, l’amore e la fratellanza, la pace e l’amicizia. Presto Signore nostro Dio, si sentirà nella città di Giuda e nei dintorni di Gerusalemme una voce lieta e una voce gioiosa, voce di uno sposo e voce di una sposa, voci gioiose di sposi nella loro casa e dei giovani pieni di canto dai loro banchetti. Benedetto tu Signore, che rallegri lo sposo insieme alla sposa












Viene nuovamente versato il vino agli sposi
Gli sposi lo bevono e vuotano il calice.

Lo sposo avvolge il calice in un telo, e lo calpesta frantumandolo, a simboleggiare che niente possa intromettersi nella vita degli sposi.


Gli sposi distribuiscono ai presenti azzime, miele, heroset e vino perché partecipino alla gioia e all’abbondanza della giornata e della vita.

Brindisi al grido di  
Lekhàyim! 
Per la vita!

Inizia la festa.


Nedavà
Nedavà
Nedavà