martedì 22 novembre 2011

Fibromialgia e coppia

Da quando Daniela ha iniziato a studiare Medicina Tradizionale Cinese, e soprattutto agopressione, è stata definita la "donna dei mille tsubo". Tsubo è il punto di agopuntura, un punto sempre sensibile, spesso dolente, e con lei era così: ovunque la si toccasse, bisognava essere molto delicati per non provocarle dolore. 

Qualsiasi terapia sembrava inefficace, qualsiasi cura inutile e per me terapista era una sfida continua, una sfida che regolarmente perdevo.

Quando Daniela è tornata libera dal suo vincolo matrimoniale, la vicinanza per lo studio comune, ma soprattutto l'empatia per il suo stato di dolore ha trasformato il mio sentimento di amicizia in qualcosa di diverso che, manifestatosi tra mille paure e titubanze, ci ha portato a iniziare un nuovo percorso insieme: il percorso di coppia come compagno e compagna.

La sfida, a questo punto, si è fatta, se possibile, più intensa, ma allo stesso tempo più frustrante e un senso di impotenza si è impadronito di me. 
Nemmeno la mia vicinanza riusciva a mutare la situazione.

Pure, il percorso spirituale e di studio che stavo compiendo stava aprendomi a una nuova visione, una visione di accettazione della situazione che può essere sintetizzata nella frase di un esercizio che spesso Daniela inserisce nei suoi corsi: "Io sono Ok, tu sei Ok! Io ho diritto alla mia sofferenza, tu hai diritto alla tua sofferenza!".

E' una frase molto dura da accettare, perché vorremmo fare di tutto per chi amiamo, ma la vera soluzione era altrove, era proprio nell'accettazione e nell'ascolto dell'altro.

Mi ha ricordato un reportage del Reader's Digest in cui si raccontava di un padre che per un incidente aveva perso un braccio, e quando è tornato a casa, tutti si prodigavano a creargli intorno un ambiente il più felice possibile e nel quale non dovesse far nulla. Solo il figlio minore aveva continuato a comportarsi come sempre, perché nella sua innocenza aveva capito la necessità del padre di "essere normale".

Sapere di poter essere ascoltata nel suo dolore l'ha aiutata a sopportarlo meglio e quando ha avuto una diagnosi di fibromialgia, ha fatto la sua scelta: c'è chi incolpa l'Universo della propria situazione, chi si blocca perché "ho la fibromialgia", chi vive arrabbiato e chi rassegnato; lei ha scelto di ignorare la malattia e di voler vivere come se questa non ci fosse.

Ho capito che dovevo anche io cambiare: non essere più colui che anticipa i suoi desideri per alleggerirle la vita, ma colui che interviene su sua richiesta, quando ne sente il bisogno.

Quando facciamo la nostra passeggiata quotidiana, vedo la sua sofferenza, ma vedo anche il suo coraggio; so della sua schiena "spezzata", ma sento anche la sua forza.

Sabato e domenica scorsi ha partecipato a un seminario di "Difesa donna" di antiaggressione femminile, ben sapendo che ogni presa, ogni esercizio, sarebbe stato doloroso, ma non si è tirata indietro, non si è trincerata dietro la paura della sofferenza e ne è tornata veramente più forte e determinata a vivere con sempre maggiore pienezza e consapevolezza la propria vita.

E' stato davvero bello vederla così, vederla ancora più piena di vita e di gioia di vivere. E soprattutto esserle vicino...

Quando vedi

Quando vedi
la tua donna silenziosa,
apri il cuore e ascolta,
il suo silenzio parla,
forse urla il suo dolore.
Apri il cuore e ascolta.
Se saprai farlo,
la tua voce sarà muta,
ma il tuo cuore parlerà.
Apri il cuore e ascolta,
allora lei ti sentirà
e sarà per sempre Uno con te.




martedì 5 luglio 2011

Riciclare - Riciclarsi

L'altra settimana, passeggiando in un paese del Basso Garda, mi ha colpito un gruppo di cassonetti per la raccolta differenziata posati da poco, tutti nuovi, lucidi, splendenti in attesa di essere riempiti.


Al di là dell'ovvia riflessione su come sia utile attuare questo tipo di raccolta, il filo dei pensieri è passato al modo in cui viviamo ogni nostra giornata: non tanto ai nostri consumi, quanto alle emozioni che quotidianamente ci attraversano. 

Ormai non ce ne accorgiamo più... a volte, addirittura, ci pare di essere arrivati, di avere "visto la luce", novelli Blues Brothers... e tanto meno ci accorgiamo del nostro modo di essere, tanto più rischiamo di essere una "discarica indifferenziata" di emozioni e sentimenti non vissuti nel modo giusto.

Così ho fotografato i cassonetti e ne ho modificato le diciture, sovrascrivendole con atteggiamenti quotidiani che spesso ci sfuggono, che ci paiono normali e normali non sono.


Il primo cassonetto raccoglie il DISAMORE, la mancanza d'amore per noi stessi che si manifesta in uno stile di vita legato alla routine, che ci pone all'ultimo posto nei nostri interessi, che non ci fa capire cosa vogliamo, cosa è bene per noi, e che ci fa proiettare verso gli altri, spesso ripetendo un antico "messaggio base" che dice: "solo se ti sacrifichi sei amato", "solo se ti comporti in un determinato modo sei considerato"... ecc.

Ecco allora che anche una persona che ha appena incontrato Reiki ed è stato iniziato al primo livello, può trovarsi fuori centro e volonterosamente dedicarsi a canalizzarlo sugli altri, dimenticando se stessa e il fatto che il dono del primo livello Reiki è l'autotrattamento...
Gettiamo il disamore, ricicliamolo nell'amore per noi stessi; il Vangelo ci dice: "Ama il prossimo tuo come te stesso", ma se non ci amiamo o se consideriamo "amarci" solo i soddisfacimenti materiali, non potremo mai amare gli altri davvero.
Ma il disamore ha anche altre pesanti conseguenze: crea a sua volta depressione e DISINTERESSE. La depressione che non ci dà prospettive per il futuro e il disinteresse per sé e per gli altri rendono la nostra vita sempre più vuota e priva di amore. 
Cosa possiamo fare di questo sentimento? La cosa più semplice è ritrovare il bambino meraviglioso in noi. Cosa fa ogni istante un bambino non condizionato? Guarda il mondo con occhi attenti e meravigliati, interessato ad ogni cosa; pronto a interagire con tutto ciò che gli si presenta. Ritroviamo, risvegliamo il nostro Bambino meraviglioso e avremo riciclato alla grande il disinteresse.
Un altro contenitore è per la RABBIA. La rabbia non è un sentimento negativo, ma come ogni cosa va utilizzata nel modo giusto. Se ci arrabbiamo quando siamo in auto per una precedenza, un sorpasso, un parcheggio, stiamo nutrendo qualcosa che non produce frutti. E' davvero necessario parcheggiare in quel posto che ci è appena sfuggito? Non posso parcheggiare più in là e magari fare due passi a piedi? Riciclare la rabbia è trasformare una energia potenzialmente distruttiva verso gli altri (ma anche verso di noi) in un'occasione creativa: rallentare la velocità permette di guardare meglio il paesaggio, per esempio...
Un ultimo cassonetto è per la MALDICENZA
Maldicenza viene da "dire male" ovvero male-dire
Per l'ebraismo la maldicenza è la causa di tutte le malattie e per questo ogni giorno dovremmo recitare il Salmo 39.
1 [Al maestro del coro. Per Jeduthun. Salmo di Davide.] Io dicevo: «Veglierò sulla mia condotta, per non peccare con la mia lingua; metterò un freno alla mia bocca mentre l'empio mi stadavanti». 2 Sono rimasto muto e calmo, mi sono addirittura trattenuto dal bene, e il mio dolore si è inasprito. 3 Il mio cuore ardeva dentro di me; mentre meditavo, un fuoco si è acceso; allora ho parlato con la mia lingua: 4 «O Eterno, fammi conoscere la mia fine e quale sia la misura dei miei giorni; fa' che io sappia quanto sono fragile.5 Ecco, tu hai ridotto i miei giorni alla lunghezza di un palmo, e la durata della mia vita è come niente davanti a te; sì, ogni uomo nel suo stato migliore non è che vapore. (Sela) 6 Sì, l'uomo va attorno come un'ombra; sì, invano si affaticano tutti e accumulano beni senza sapere chi li raccoglierà!7 Ma ora, o Signore, che aspetto? La mia speranza è in te. 8 Liberami da tutte le mie colpe; non farmi essere l'oggetto di scherno dello stolto.9 Sto in silenzio, non aprirò bocca, perché sei tu che operi. 10 Allontana da me il tuo flagello; io vengo meno sotto i colpi della tua mano. 11 Tu correggi l'uomo castigando il suo peccato e consumi come un tarlo ciò che gli è prezioso. Sì, ogni uomo non è che vanità. (Sela) 12 O Eterno, ascolta la mia preghiera e porgi l'orecchio al mio grido; non essere sordo alle mie lacrime, poiché davanti a te io sono un forestiero e un pellegrino, come tutti i miei padri. 13 Distogli il tuo sguardo da me, perché io possa riprendere forza prima che me ne vada e non sia più».
Da male-dire a bene-dire, dire bene è il riciclo che va attuato: manda luce e ti tornerà luce, manda Benedizioni e benedizioni di torneranno.

Un'ultima osservazione, dalla foto che ho scattato, mi è venuta guardando i segnali stradali: puoi scegliere come vivere, ma impara anche a seguire il flusso che ti si presenta e non opporti andando sempre in senso contrario, perché quanto ti viene dato è per il tuo bene: Gam Zu Le Tovà



martedì 17 maggio 2011

La tragedia delle separazioni

Domenica scorsa sono intervenuto a un incontro di Isaac Abeliovas, che mi aveva chiesto un intervento sulla "Tragedia delle separazioni".

Sono infatti molte le persone che si rivolgono a lui per crisi familiari, per rotture tra coppie più o meno giovani, dai fidanzati a chi ha qualche lustro di matrimonio alle spalle.
Il tema è molto interessante, ma innanzi tutto porrei un punto interrogativo alla fine del titolo: "Tragedia delle separazioni?" La mia risposta è "No!". Non sono d'accordo nel chiamare tragedia una separazione, è uno stravolgere la lingua italiana nel definire quanto è accaduto, ma anche una realtà che va guardata in ben altro modo. Sarei stato d'accordo nel titolare "Sofferenza delle separazioni", ma non "tragedia".
La sofferenza è spesso implicita nella rottura di un rapporto, nella separazione da una persona come da una cosa... Ma, come dice il sottotitolo di questo blog, "Cambia il modo di guardare le cose e le cose che guardi cambieranno".
Primo punto: la separazione, la rottura avviene quando un modo di vivere non è più sopportabile. Bisogna allora chiedersi se questo rapporto era nutritivo, o se invece era semplicemente un rifugio, la risposta a un bisogno di entrambi i membri della coppia... Se è così, quando una persona supera questo bisogno o quando non regge più alla richiesta data dal bisogno del partner, allora la coppia scoppia. Ma creare una coppia sulla base dei propri bisogni è costruire sulle sabbia mobili. Amore è dare senza aspettative, se amo l'altro perché ne ricevo qualcosa, non sono nell'amore...
Un secondo punto: la sofferenza è spesso data dall'idea di non potere più sostituire il partner, dalla paura di non poter essere più amati, in definitiva, da una autostima che è meno di zero.
La chiave per uscirne è ritrovare la fiducia in se stessi, l'autostima che non abbiamo realmente mai avuto.
E allora entra in gioco la Fede. Quante volte abbiamo sentito dire e ci siamo sentiti dire che "siamo figli di Dio"? un'infinità! Ma ci abbiamo davvero mai pensato? Lo crediamo veramente?
Recitiamo il Padre nostro "a macchinetta", senza pensare a quanto diciamo, senza parlare "davvero" con nostro Padre.
Se il Signore è nostro Padre, è possibile che abbia preparato qualcosa di meno che buono per un proprio figlio? Può Dio essere un Padre degenere? Chiaramente no!
Il pensiero da fare, allora, è, come il nome di questo blog, "Gam Zu Le Tovà" (Anche questo è per il bene) e accettare quello che accade con la sicurezza che non ci viene dato nulla che non possiamo sopportare e che tutto, sia pure in una prospettiva che nel dolore non riusciamo a vedere, è per un futuro migliore per noi.
Lo so, è difficile arrivare a dire "Gam Zu Le Tovà" in certi momenti, ma lo è proprio perché non sappiamo più parlare col Padre direttamente e ci affidiamo ad altri che fungono da intermediari.
E' necessario ricordare di rivolgerci direttamente a Lui per chiedere.
Ma chiedere che cosa? Un ritorno, una riappacificazione? Un nuovo amore?
Chiedere di vedere più chiaramente il nostro prossimo passo, che necessariamente è imparare ad amare se stessi.
Se nemmeno io mi amo, come posso pensare che possa farlo qualcun altro?
"Ama il prossimo tuo come te stesso", ma se non amo me stesso, che amore ho per il mio prossimo?
Il nostro "prossimo passo" è riappropriarci di noi stessi, della nostra autostima, il vedere, finalmente, quanto valiamo e quanto siamo importanti
Se siamo figli di Dio (e lo siamo), siamo davvero importanti, per Lui e per noi, e anche nel dolore di una separazione dobbiamo ripetere, come un mantra, "Ayn Tovà", ricordando l'occhio "benevolo" del Padre che ci condurrà a un buon risultato.
Behazlahà! (con successo!)

lunedì 25 aprile 2011

Desiderata

Un giorno di festa, di pausa, di riflessione in cui ricordare anche quanto di bello abbiamo...
e allora ecco una poesia composta all'inizio della mia storia con Daniela... ed è ancora così...


Desiderata

Desiderata è il tuo nuovo nome
Desiderata, 
perché dodici ore lontano da te sono eterne
anche se ho mille cose da fare,
su cui concentrarmi.
Desiderata,
perché sto imparando a vivere
e la mia vita sei tu.
Desiderata,
perché quando non ci sei, non vivo,
ma lotto per sopravvivere
e poterti rivedere, risentire.
Desiderata, perché ogni mio respiro
chiede di te,
perché ogni mio sguardo cerca te.
Desiderata, perché ogni parte di me
è vuota e inutile se non ci sei,
mia Desiderata.

mercoledì 20 aprile 2011

Cena-lezione di Pesach

Anche quest'anno ho voluto riproporre una serata con cena-lezione per Pesach.
Sicuramente l'ebraismo non è la mia religione, la religione in cui sono nato, ma è altrettanto certo che in esso si trovano le radici del cristianesimo, quindi riallacciarsi a momenti importanti della liturgia ebraica è uno dei modi per riflettere anche sulla nostra spiritualità.
E' stata una serata molto interessante, in cui storia, cultura, preghiera, meditazione, confronto, ma anche gioia, divertimento, piacere della tavola e della compagnia si sono mescolate, fondendosi e arricchendo tutti i partecipanti.
Quante cose non sappiamo delle nostre origini!
Quante cose leggiamo senza capire cosa "nascondono" oltre il livello visibile della parola...
Siamo troppo abituati a leggere e assimilare solo un livello superficiale degli scritti che abbiamo sotto mano, mentre dovremmo fermarci un poco di più a riflettere, a meditare, a confrontarci con la nostra vita quotidiana riguardo a quanto le Scritture ci dicono.
Ogni anno, per il gruppo, la cene è diversa; ogni anno si scava intorno a qualcosa che non si era visto...
e tra le altre cose, quest'anno è stato interessante riflettere sulla canzone del capretto, un canto finale della festa che è vivo in moltissime tradizioni e che da noi può essere incarnato nella canzone di Branduardi "Alla fiera dell'Est".
Ci era mai capitato di pensare quanto questa canzone fosse legata alla Bibbia? Sicuramente sarà accaduto a pochi tra noi. Fino a ieri, per esempio, nessuno se ne era accorto nel nostro gruppo...
E' stata una delle tante belle "sorprese" della serata, oltre, naturalmente, al cibo magistralmente preparato dai partecipanti utilizzando le ricette tradizionali di questa festa.
Un'esperienza da coltivare e da ripetere...
Prossimo appuntamento per il gruppo sarà la serata del ciclo "Il Potere dei Salmi", mercoledì 4 maggio.

Pesach Kasher Vesameach (che sia un Pesach adatto e felice)

Simbolo...

Avere un'idea spesso non basta, perché rischia di non concretizzarsi mai, se non la àncori a qualcosa: una parola, un simbolo...
Il mio primo elaborato è stato stimolato dall'idea di riunire alcune persone in un gruppo di studio, dando loro una identità.
Era il seme da cui sarebbe sorto il circolo culturale dei Giunchi. Trovare un logo era rendere visibile il gruppo.
Ho scartabellato (bella parola che richiama una ricerca cartacea che non c'è più) tra vecchi files alla ricerca della storia nel circolo, e ho recuperato alcune cose che voglio condividere con voi.


Tra la fine degli Anni Ottanta e l'inizio dei Novanta circolava tra i primi telematici una raccolta di immagini tratte da riviste americane di diritti civili di una ventina d'anni prima, immagini libere che richiedevano solo una comunicazione per essere usate.
Oggi che utilizziamo misure come i Tera, fa sorridere ricordare che questa raccolta, "zippata", era contenuta su un piccolo floppy da 720 kb!!! 
I temi erano i più vari, ma alcuni mi colpirono e iniziai a usarli, a elaborarli, sino a farne miei simboli.
Il primo nato è stato, come dicevo, I Giunchi, poi l'elaborazione di un logo per la Process Acupressure(R) Italia, poi, via via, altri disegni che visualizzassero l'attività del circolo.
Ve ne propongo alcuni in questo post con le righe che li accompagnarono, come mio "amarcord" personale.


Giunchi
Fragile e leggero
È il giunco
Che al vento si china,
Si piega…

Forti e resistenti
Alle tempeste
Sono i giunchi uniti.
Insieme formano
La barca di Ra,
Reggono e conducono
Chi cerca
A nuove conoscenze.










domenica 3 aprile 2011

Rinascere con il Bambino Meraviglioso: l'Albero genealogico e la mappa ancestrale

Ancora una volta la giornata mensile di " Rinascere col Bambino Meraviglioso" è stata piena di emozioni e sorprese, di scoperte e guarigioni...
Sabato è stato dedicato, ancora una volta, allo studio del proprio Albero genealogico e ognuno ha potuto sperimentare di persona quali e quanti legami tutti noi abbiamo con i nostri avi.
Un legame che attraversa il tempo, che talvolta ci lega più di quanto non avremmo mai pensato, ma anche un legame che, una volta riconosciuto e onorato, possiamo staccare.
Staccare non significa "spezzare", ma depotenziare in quelle parti che ancor oggi ci condizionano. E questo è "guarire".
Per esempio, rileggere il lutto per un figlio non nato per volere superiore; riconoscere e onorare la creatura che ci ha lasciato troppo presto, può liberare dalla tristezza, da un senso di vuoto che sembrava privo di ragione.
E alla fine della giornata, la gioia liberatoria del ballo e della musica, della risata di cuore che tutti ha unito.

Benedire l'acqua, occasione per il pianeta

Questo blog nasce con un giorno di ritardo rispetto all'appuntamento che Masaru Emoto ha dato a coloro che lo leggono.
La mia visione del tempo, però, mi fa credere che se opero con convinzione, potrò agire in qualsiasi momento e ottenere il risultato nel momento opportuno.
Per questo motivo, posto comunque qui la lettera da lui inviata.


LA LETTERA
A tutte le popolazioni mondiali,
per favore inviate preghiere di amore e gratitudine all'acqua degli impianti nucleari di Fukushima, in Giappone!
Dall'impressionante terremoto di magnitudine 9 e l'incredibile devastante Tsunami, sono ancora disperse oltre 10.000 persone, a 16 giorni dal disastro. Il peggio è che è cominciata a fuoriuscire acqua dagli impianti nucleari, contaminando l'aria, l'oceano e le molecole dell'acqua circostante.
La saggezza umana non è stata in grado di fare molto per risolvere il problema, ma stiamo cercando solamente di calmare la rabbia dei materiali radioattivi nei reattori scaricandoci sopra dell'acqua.
Non c'è veramente nient'altro da fare?
Io penso di sì. Dopo una ricerca tecnologica di oltre 20 anni di misurazioni dell'Hado e di foto sui cristalli d'acqua, ho avuto modo di testimoniare che l'acqua può mutare positivamente quando riceve la vibrazione pura della preghiera umana, a qualsiasi distanza.
La formula di Albert Einstein sulla energia, E=MC² in realtà significa che l'energia è uguale al numero di persone per il quadrato della loro consapevolezza.
È tempo ora di comprendere il vero significato. Come cittadini del pianeta terra siamo esortati ad unirci alla preghiera cerimoniale. Desidero chiedere a tutte le popolazioni, non solo del Giappone ma di tutto il mondo, di aiutarci per favore a trovare una via d'uscita da questa crisi planetaria !!
La procedura per la preghiera è la seguente:
Nome della Cerimonia: “Inviamo i nostri pensieri d'amore a tutta l'acqua degli impianti nucleari di Fukushima”.
Giorno e orario: 31 marzo 2011 (giovedì) alle ore locali (di ognuno) 12:00 (mezzogiorno)
Recitate per favore la seguente frase:
Acqua dell'impianto nucleare di Fukushima, ci dispiace di farti soffrire. Ti preghiamo di perdonarci. Ti ringraziamo e ti amiamo.”
Recitate ad alta voce o nella mente. Ripetete tre volte a mani giunte. Offrite per favore una preghiera sincera.
Ringrazio tutti di cuore.
Con amore e gratitudine
Masaru Emoto  (www.masaru-emoto.net
Messaggero dell'acqua
Come già detto da altri, possiamo unirci ogni giorno a questa preghiera recitandola tutte le volte che beviamo acqua. La fusione delle vibrazioni dell'acqua e della nostra preghiera non potranno che far bene al pianeta.
Acqua dell'impianto nucleare di Fukushima, ci dispiace di farti soffrire. Ti preghiamo di perdonarci. Ti ringraziamo e ti amiamo.”
(per 3 volte)

venerdì 1 aprile 2011

Anche questo è per il meglio

Nelle mie letture e ricerche sulla cultura ebraica, mi sono imbattuto un giorno nella frase "Gam Zu Le Tovà" e ne sono rimasto affascinato.
Gam Zu Le Tovà significa "Anche questo è per il meglio".
Ci troviamo ogni giorno a lottare contro mille ostacoli, ad arrabbiarci per mille motivi, anche quando i principi del Reiki ci dicono "Proprio per oggi non mi arrabbierò".
Ma trovare una frase che si lega così bene a queste situazioni mi ha colpito.
Quante volte ci sentiamo vittime? Quante volte ci chiediamo se qualcuno, lassù in alto, si è dimenticato di noi, ci ha abbandonato?
Forse un po' di fiducia in Lui non guasterebbe, forse dovremmo credere in un Piano più grande di noi e della nostra quotidianità.
E per questo riporto, riassunto, un racconto di Martin Buber, da I racconti dei Hassidim:
In un piccolo stato, un energico sovrano era consigliato da un ebreo molto saggio, che in ogni occasione era solito ripetere "Gam Zu Le Tovà" (anche questo è per il bene), se il Signore ha voluto che accadesse.
Un giorno una banda di briganti attaccò il corteo reale e il re rimase gravemente ferito a una gamba. Mentre veniva curato,il consigliere ripeté la frase: "Gam Zu Le Tovà".
Il sovrano, poco propenso in quel momento a pensieri filosofici per il dolore, si irritò molto e fece imprigionare il consigliere.
Mesi dopo, per il solstizio di primavera, il re, nuovamente in forma, uscì per una partita di caccia.
Una tribù pagana lo catturò per sacrificarlo alla dea Madre per la festa di primavera, ma quando lo spogliò per prepararlo al sacrificio, vide le brutte cicatrici dovute all'attacco dei briganti e non potendo sacrificare alla dea un uomo meno che perfetto, lo lasciò libero.
Tornato alla reggia, il re fece subito liberare il consigliere, avendo capito che nel suo caso Gam Zu Le Tovà era la verità. Quando però vide il consigliere, stremato dai mesi di prigione, non mancò di fargli osservare come per lui questa frase non avesse avuto valore, dato che aveva dovuto sottostare a una pena ingiusta.
Il consigliere, sorridendo, replicò: se non fossi stato in galera, ieri sarei stato al vostro fianco, catturato con voi, e sarei stato sacrificato al posto vostro, quindi "Gam Zu Le Tovà"!