Gli Anni Settanta, per esempio, dove accadeva che persone magrissime venissero soprannominate "Biafra" per similitudine con una delle regioni africane che inquel momento più pativa la fame?
E chi ricorda i sentimenti che qualche lustro fa ci prendevano vedendo nei telefilm americani gente che frugava nei cassonetti alla ricerca di cibo?
I clochard, allora, tra noi non esistevano, o erano una rarità.
Poi la crisi economica ha cominciato a mordere...
Il lavoro a mancare sempre di più...
Il reddito familiare a scendere... E ad aumentare il numero di coloro che non arrivano a fine mese...
Il Terzo Mondo delle carestie è così giunto anche da noi, e non sto parlando di immigrazione, ma di italiano che entrano nell'universo della povertà.
Foto Gianna Ferretti (trashfood.com) |
Si dirà che accade in virtù di accordi internazionali, per riequilibrare le economie dei vari Paesi e... bla bla, bla bla...
Cosa fare per rimediare a tutta questa ingiustizia che avanza, a questo disequilibrio ormai mondiale?
Per prima cosa è importante non nasconderci dietro la globalizzazione e il nostro essere piccoli e inermi di fronte al mondo. Il mare è fatto di tante gocce, e ognuna ha la sua importanza.
Per questo motivo dobbiamo tendere l'orecchio (e la mano) a quelle piccole organizzazioni, a quelle piccole associazioni, che si muovono per cambiare le cose.
E' una rivoluzione lenta, strisciante, importantissima perché implica un cambio di mentalità: il pensare non solo a noi, ma a tutti quelli che ci circondano.
Per questo ho aderito a "Un pane per tutti" (http://unpanepertutti.it) che da qualche anno si batte con mostre
dibattiti e altre iniziative contro lo spreco alimentare (come il "pane sospeso", per esempio).
Andate a leggere il sito e meditate se sia finalmente il momento di unirsi a questa campagna e a quella chiamata (2015 nutrire il pianeta) che Change.org ha lanciato contro lo spreco alimentare.
Io l'ho fatto, fatelo anche voi
Gam Zu Le Tova
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