martedì 17 maggio 2011

La tragedia delle separazioni

Domenica scorsa sono intervenuto a un incontro di Isaac Abeliovas, che mi aveva chiesto un intervento sulla "Tragedia delle separazioni".

Sono infatti molte le persone che si rivolgono a lui per crisi familiari, per rotture tra coppie più o meno giovani, dai fidanzati a chi ha qualche lustro di matrimonio alle spalle.
Il tema è molto interessante, ma innanzi tutto porrei un punto interrogativo alla fine del titolo: "Tragedia delle separazioni?" La mia risposta è "No!". Non sono d'accordo nel chiamare tragedia una separazione, è uno stravolgere la lingua italiana nel definire quanto è accaduto, ma anche una realtà che va guardata in ben altro modo. Sarei stato d'accordo nel titolare "Sofferenza delle separazioni", ma non "tragedia".
La sofferenza è spesso implicita nella rottura di un rapporto, nella separazione da una persona come da una cosa... Ma, come dice il sottotitolo di questo blog, "Cambia il modo di guardare le cose e le cose che guardi cambieranno".
Primo punto: la separazione, la rottura avviene quando un modo di vivere non è più sopportabile. Bisogna allora chiedersi se questo rapporto era nutritivo, o se invece era semplicemente un rifugio, la risposta a un bisogno di entrambi i membri della coppia... Se è così, quando una persona supera questo bisogno o quando non regge più alla richiesta data dal bisogno del partner, allora la coppia scoppia. Ma creare una coppia sulla base dei propri bisogni è costruire sulle sabbia mobili. Amore è dare senza aspettative, se amo l'altro perché ne ricevo qualcosa, non sono nell'amore...
Un secondo punto: la sofferenza è spesso data dall'idea di non potere più sostituire il partner, dalla paura di non poter essere più amati, in definitiva, da una autostima che è meno di zero.
La chiave per uscirne è ritrovare la fiducia in se stessi, l'autostima che non abbiamo realmente mai avuto.
E allora entra in gioco la Fede. Quante volte abbiamo sentito dire e ci siamo sentiti dire che "siamo figli di Dio"? un'infinità! Ma ci abbiamo davvero mai pensato? Lo crediamo veramente?
Recitiamo il Padre nostro "a macchinetta", senza pensare a quanto diciamo, senza parlare "davvero" con nostro Padre.
Se il Signore è nostro Padre, è possibile che abbia preparato qualcosa di meno che buono per un proprio figlio? Può Dio essere un Padre degenere? Chiaramente no!
Il pensiero da fare, allora, è, come il nome di questo blog, "Gam Zu Le Tovà" (Anche questo è per il bene) e accettare quello che accade con la sicurezza che non ci viene dato nulla che non possiamo sopportare e che tutto, sia pure in una prospettiva che nel dolore non riusciamo a vedere, è per un futuro migliore per noi.
Lo so, è difficile arrivare a dire "Gam Zu Le Tovà" in certi momenti, ma lo è proprio perché non sappiamo più parlare col Padre direttamente e ci affidiamo ad altri che fungono da intermediari.
E' necessario ricordare di rivolgerci direttamente a Lui per chiedere.
Ma chiedere che cosa? Un ritorno, una riappacificazione? Un nuovo amore?
Chiedere di vedere più chiaramente il nostro prossimo passo, che necessariamente è imparare ad amare se stessi.
Se nemmeno io mi amo, come posso pensare che possa farlo qualcun altro?
"Ama il prossimo tuo come te stesso", ma se non amo me stesso, che amore ho per il mio prossimo?
Il nostro "prossimo passo" è riappropriarci di noi stessi, della nostra autostima, il vedere, finalmente, quanto valiamo e quanto siamo importanti
Se siamo figli di Dio (e lo siamo), siamo davvero importanti, per Lui e per noi, e anche nel dolore di una separazione dobbiamo ripetere, come un mantra, "Ayn Tovà", ricordando l'occhio "benevolo" del Padre che ci condurrà a un buon risultato.
Behazlahà! (con successo!)

lunedì 25 aprile 2011

Desiderata

Un giorno di festa, di pausa, di riflessione in cui ricordare anche quanto di bello abbiamo...
e allora ecco una poesia composta all'inizio della mia storia con Daniela... ed è ancora così...


Desiderata

Desiderata è il tuo nuovo nome
Desiderata, 
perché dodici ore lontano da te sono eterne
anche se ho mille cose da fare,
su cui concentrarmi.
Desiderata,
perché sto imparando a vivere
e la mia vita sei tu.
Desiderata,
perché quando non ci sei, non vivo,
ma lotto per sopravvivere
e poterti rivedere, risentire.
Desiderata, perché ogni mio respiro
chiede di te,
perché ogni mio sguardo cerca te.
Desiderata, perché ogni parte di me
è vuota e inutile se non ci sei,
mia Desiderata.

mercoledì 20 aprile 2011

Cena-lezione di Pesach

Anche quest'anno ho voluto riproporre una serata con cena-lezione per Pesach.
Sicuramente l'ebraismo non è la mia religione, la religione in cui sono nato, ma è altrettanto certo che in esso si trovano le radici del cristianesimo, quindi riallacciarsi a momenti importanti della liturgia ebraica è uno dei modi per riflettere anche sulla nostra spiritualità.
E' stata una serata molto interessante, in cui storia, cultura, preghiera, meditazione, confronto, ma anche gioia, divertimento, piacere della tavola e della compagnia si sono mescolate, fondendosi e arricchendo tutti i partecipanti.
Quante cose non sappiamo delle nostre origini!
Quante cose leggiamo senza capire cosa "nascondono" oltre il livello visibile della parola...
Siamo troppo abituati a leggere e assimilare solo un livello superficiale degli scritti che abbiamo sotto mano, mentre dovremmo fermarci un poco di più a riflettere, a meditare, a confrontarci con la nostra vita quotidiana riguardo a quanto le Scritture ci dicono.
Ogni anno, per il gruppo, la cene è diversa; ogni anno si scava intorno a qualcosa che non si era visto...
e tra le altre cose, quest'anno è stato interessante riflettere sulla canzone del capretto, un canto finale della festa che è vivo in moltissime tradizioni e che da noi può essere incarnato nella canzone di Branduardi "Alla fiera dell'Est".
Ci era mai capitato di pensare quanto questa canzone fosse legata alla Bibbia? Sicuramente sarà accaduto a pochi tra noi. Fino a ieri, per esempio, nessuno se ne era accorto nel nostro gruppo...
E' stata una delle tante belle "sorprese" della serata, oltre, naturalmente, al cibo magistralmente preparato dai partecipanti utilizzando le ricette tradizionali di questa festa.
Un'esperienza da coltivare e da ripetere...
Prossimo appuntamento per il gruppo sarà la serata del ciclo "Il Potere dei Salmi", mercoledì 4 maggio.

Pesach Kasher Vesameach (che sia un Pesach adatto e felice)

Simbolo...

Avere un'idea spesso non basta, perché rischia di non concretizzarsi mai, se non la àncori a qualcosa: una parola, un simbolo...
Il mio primo elaborato è stato stimolato dall'idea di riunire alcune persone in un gruppo di studio, dando loro una identità.
Era il seme da cui sarebbe sorto il circolo culturale dei Giunchi. Trovare un logo era rendere visibile il gruppo.
Ho scartabellato (bella parola che richiama una ricerca cartacea che non c'è più) tra vecchi files alla ricerca della storia nel circolo, e ho recuperato alcune cose che voglio condividere con voi.


Tra la fine degli Anni Ottanta e l'inizio dei Novanta circolava tra i primi telematici una raccolta di immagini tratte da riviste americane di diritti civili di una ventina d'anni prima, immagini libere che richiedevano solo una comunicazione per essere usate.
Oggi che utilizziamo misure come i Tera, fa sorridere ricordare che questa raccolta, "zippata", era contenuta su un piccolo floppy da 720 kb!!! 
I temi erano i più vari, ma alcuni mi colpirono e iniziai a usarli, a elaborarli, sino a farne miei simboli.
Il primo nato è stato, come dicevo, I Giunchi, poi l'elaborazione di un logo per la Process Acupressure(R) Italia, poi, via via, altri disegni che visualizzassero l'attività del circolo.
Ve ne propongo alcuni in questo post con le righe che li accompagnarono, come mio "amarcord" personale.


Giunchi
Fragile e leggero
È il giunco
Che al vento si china,
Si piega…

Forti e resistenti
Alle tempeste
Sono i giunchi uniti.
Insieme formano
La barca di Ra,
Reggono e conducono
Chi cerca
A nuove conoscenze.