martedì 22 settembre 2015

Reiki, vent'anni dopo


Sono ormai vent'anni che opero con Reiki, da quattordici come master e mentre sto rielaborando la dispensa per il primo livello, penso che questa sia l'occasione per una riflessione.

È il momento di ripensare quale Reiki sto praticando, in quale Reiki credo, oggi che nei testi e ancor più in Internet si trova tutto e il contrario di tutto a riguardo.

Con una semplice ricerca su Google posso trovare tesi di laurea in teologia che demonizzano Reiki, e lodi sperticate sui risultati raggiunti o raggiungibili; puristi della prima ora e neo-reikisti di ogni genere.

C'è di che confondere chiunque, e allora è bene che anch'io ritorni a “centrarmi” per capire cosa cerco in Reiki, cosa mi dà Reiki e cosa con Reiki posso condividere.

Credo in Reiki, come una delle forze più potenti che l'Uomo possa avere in mano per cambiare la propria vita, migliorandola e migliorando quella degli altri, rendendo in questo modo migliore il mondo.

Ma credo pure che Reiki non sia l'unica via possibile per giungere a questo risultato.

Reiki è il catalizzatore della nostra intenzione di fare il Bene. Può essere chiamato Amore, o essere definito una forma d'Amore.

Ma l'importante è affidarmi a Lui, essere suo strumento, preparato e sicuro; allora Reiki potrà potenziare anche tutte le capacità che già ho, senza che io lo voglia, lo cerchi, lo chiami. Perché Reiki sarà sempre e comunque in me, pronto a trasmettersi nelle forme migliori e nel miglior modo possibile.

La semplicità di Reiki è anche la sua forza. Per questo motivo blocco sempre le domande che allievi e amici mi fanno riguardo a quale sia il Reiki migliore.

Senza alcun giudizio, cogliere la potenza di Reiki ha fatto sì che mi distaccassi da tutte le varianti che molti master nel tempo hanno presentato.

Non credo esista un Reiki migliore di un altro, a di là del numero di simboli che presenta, al di là degli strumenti con cui si opera, siano essi forme di massaggio, cristalli olii o aromi...

Se Reiki è quello in cui credo, non ho bisogno di altro e soprattutto non ho la necessità di “potenziare” la mia capacità di trasmetterlo con nuove forme o nuovi livelli e simboli.

Spesso le persone che chiedono aiuto per un loro disagio, fisico, relazionale o emotivo, sono timorose verso tutto ciò che viene presentato come energetico e/o spirituale; per questo motivo hanno bisogno di “concretezza”, del tocco fisico. La conoscenza di metodi meno “energetici” di intervento, quali, per esempio, lo shiatsu, il tuina o altro, diviene allora il tramite perché posssano accettare Reiki.

Molti degli allievi, formati da me e Daniela, sono, come noi, anche operatori corporei; tutti questi hanno confermato che le persone con cui lavorano hanno sentito notevoli differenze nel trattamento fisico ricevuto dopo la loro iniziazione a Reiki, senza che l'allievo abbia “voluto” trasmettere Reiki.

Reiki è in noi e opera “nonostante” noi, nonostante i nostri limiti e difetti.

Tornando all'attualità, siamo circondati da tragedie, crisi epocali che ci sconvolgono e contro cui ci sentiamo impotenti.

L'Uomo medio di oggi, nonostante la consapevolezza di sé sia sempre maggiore, è molte volte stritolato dalle paure, dal dolore per tutto ciò che lo circonda.

Allora deve confrontarsi con due pericolosi modi di essere: adeguarsi o correre avanti.

È su questo che la nostra attenzione, la nostra vigilanza devono puntare di più: “stare nel branco”, assumerne gli atteggiamenti per non sentirsi soli è una delle tentazioni più pericolose che incontriamo tutti i giorni.

Dall'altra parte, lo è pure il sentirsi parte di una "élite" che ha capito tutto, che sa cosa sta succedendo, che è "diversa", più evoluta, davanti agli altri...

In questo caso l'orgoglio e la presunzione, sono le catene che imprigionano al passato, al "terreno", chi si sente in questo modo.

Tra i due atteggiamenti dobbiamo trovare la via giusta, la via della consapevolezza, la via della comunicazione empatica.

Una via che passa attraverso l'umiltà, l'accettazione, il sentirsi "Uno" eppure fare parte, l'essere un umile strumento del cambiamento...

E per arrivare a questo abbiamo molte possibilità, molte vie che possiamo scegliere a seconda della nostra inclinazione.

Reiki è una di queste, una via che ci unisce alla fonte dell'Energia, o meglio dell'Amore.

Allora la crisi che stiamo attraversando si mostrerà per quello che è: una "opportunità" (ce lo dice l'ideogramma cinese che indica contemporaneamente le due parole), una "occasione" (come la parola ebraica per crisi, ancora una volta ci permette di vedere).

Qui e ora stiamo cogliendo questa "opportunità", questa "occasione" unendoci a Reiki, questo grande e meraviglioso strumento di guarigione globale.

Reiki appartiene agli strumenti per raggiungere questa Armonia, perché se stiamo bene fisicamente, mentalmente e spiritualmente, questo non può che risolversi positivamente per tutto ciò che viene a contatto con noi.

Non possiamo, però, credere che tutto sia facile e immediato. Reiki è anche un cammino che potremmo definire iniziatico, anche se non ha nulla a che vedere con sette o religioni.

È un cammino che ci inizia alla nostra e altrui conoscenza, a un modo di comunicare che avevamo dimenticato, a un modo di crescere e acquisire consapevolezza che non pensavamo di poter raggiungere.

È, come dicevo, una delle strade per il salto evolutivo.

Dopo ogni seminario di primo livello inizia un nuovo cambiamento, inizia la guarigione. Perché Reiki è prima di tutto uno strumento di guarigione per il singolo, a tutti i livelli, dal fisico, al mentale, allo spirituale. Prima ancora che uno strumento per guarire gli altri, Reiki serve a noi stessi per ritrovare il nostro equilibrio, l'armonia con il disegno della nostra vita.

Il grande dono che Reiki ci dà, appunto, è l’autotrattamento.

Ecco, Reiki ci permette di fare questo salto di qualità: attraverso l’autotrattamento innesca un processo di autoguarigione che ci permette di ritrovare la nostra strada.

È Reiki che inizia ad operare, è l’Amore che attraverso Reiki lenisce le ferite.