giovedì 23 maggio 2013

Senza radici non si vola

Sono frastornato, stupito, contrariato, addolorato, anche se non perdo la speranza che quanto sta accadendo tra le mie amicizie su Facebook sia un grande equivoco generato dal pensare con la pancia, dal reagire a botta calda, senza ragionare con la testa e soprattutto con il cuore.
Vengo al fatto. In quest'ultimo periodo sono apparse su Fb, condivise da mie amicizie, foto e un testo di pesante critica nei confronti del ministro Cécile Kyenge Kashetu. Sono critiche ammantate di Amor patrio, di orgoglio nazionale, di difesa delle tradizioni, ma che travisano un che di xenofobo.
Uso la parola xenofobo (dal greco, col significato di "paura del diverso") per evitare le levate di scudi già viste se utilizzassi la parola "razzismo", ma la differenza è davvero poca nella realtà dei fatti.
Come dice Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, il neoministro ha fatto un enorme errore: quello di annunciare qualcosa che non potrà avere seguito, almeno per ora. Qualcosa che andava prima spiegato, chiarito, non gridato come cosa fatta. Partire dalla proposta presentata nella scorsa legislatura da Sarubbi (PD) e Granata (FLI), per uno "ius soli temperato" sarebbe stato molto più produttivo.
Ha peccato di ingenuità, essendo comunque estranea all'ambiente in cui è stata catapultata, ma credo sia più positivo che abbia parlato a ruota libera, esternando un suo pensiero, piuttosto di ripetere parole di altri, magari non condivise da lei, ma condivisibili dal pubblico.
Soprattutto ha colpito su alcuni punti indigeribili da chi cerca solo la scusa per lo scontro.
Il suo essere divisa tra la terra d'origine e l'Italia.
Com'è possibile, si chiedono i critici, che un ministro della Repubblica dica di non sentirsi solamente e totalmente italiana? E' un insulto!!!
Quanti di noi, se dovessimo cambiare Paese per lavoro o affetti, cesserebbe di amare l'Italia? Ci avete pensato?
L'Italia è il Paese dei mille campanilismi, dove negli Anni Cinquanta i meridionali che venivano a Torino erano ghettizzati, ma dove oggi lo stesso fondatore delle Lega Nord è sposato con  una meridionale.
Ricordando come venivano trattati cinquant'anni fa i meridionali al Nord, non potremmo definire anche la loro discendenza come meticciato?
Mia madre era di Catania e anche se non ho più legami con la Sicilia, è una delle terre che amo di più. Ma per amare bisogna conoscere e accettare.
Ricordo come, al liceo, odiavo equamente Manzoni e Verga, e come, viaggiando d'inverno col treno Brescia-Milano, abbia iniziato a capire la poesia del primo vedendo le nebbie sulla pianura.
Allo stesso modo, girare l'interno della Sicilia, vedere il sole che spacca le pietre, mi ha fatto amare Verga.
Ma per arrivare a questo, bisogna accettare di cambiare il proprio modo di guardare le cose, rinunciando agli stereotipi, bisogna, come narra una storia sui nativi d'America, "indossare i mocassini dell'altro", ovvero mettersi, senza pregiudizi, nei suoi panni.
E ancora, chi critica l'amore per la propria terra d'origine del neoministro, dimentica gli italoamericani, gente che dopo la prima generazione, è divenuta statunitense a tutti gli effetti per lo ius soli che là è regola e su cui qui tanti si scandalizzano. Gli italoamericani degli Usa hanno fior di associazioni di legame con l'Italia e si vantano, forse più di noi, delle propri origini, delle proprie radici.
E la stessa cosa la troviamo nei Paese latini del Sudamerica.
Lo xenofobo va in confusione, poi, quando accadono fatti come quello del picconatore di Milano, unendo in un unico mazzo immigrato-delinquente (e a parole facendo tutti i distinguo del mondo sugli immigrati che frequentano loro e i loro figli).
Per un "picconatore", quante tragedie tutte italiane ci sono, tutti i giorni purtroppo.
Non è un giustificare quell'immigrato definirlo pazzo, è solo accomunarlo a quegli italiani che ammazzano di botte la ex fidanzata, che gettano i figli dalla finestra o li accoltellano per poi suicidarsi.
Chiudere le frontiere, isolare gli immigrati, i diversi, riporta ai tempi bui prima della seconda guerra mondiale, fino alla caduta di quei regimi.
La Bibbia (Pr. 13,13) recita: "Chi disprezza una cosa, finirà con l'averne danno".
Nella varietà, ci insegna la scienza, è la chiave della sopravvivenza del mondo. Più ci isoliamo, chiudendoci nelle "nostre verità", nelle "nostre tradizioni", più impoveriremo noi e il mondo.
Amiamo le nostre radici, le nostre tradizioni, ma non disprezziamo quelle degli altri.
Come dice Bertold Ulsamer, nel titolo di un suo bel libro, "Senza radici non si vola"...



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